La Red Bull, la strategia di marketing e il target

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La Red Bull è austriaca

Qualche tempo fa abbiamo parlato della Red Bull e oggi torniamo a farlo.

Torniamo a farlo perché è un esempio di come lo stesso prodotto (non lo stesso tipo di prodotto ma proprio lo stesso prodotto) possa essere destinato a due target completamente differenti. Tutto dipende dalle strategie di marketing.

Partiamo dalla storia della Red Bull. Il prodotto è nato in Thailandia negli Anni Settanta. Lo ha ideato il figlio di una famiglia di contadini che aveva lavorato a Bangkok nella farmacia del fratello maggiore. Erano gli anni del boom economico della Thailandia e l’intento era creare una bevanda energizzante per i lavoratori costretti a ritmi di lavoro massacranti. Ne esisteva una simile, importata dal Giappone, ma solo i ricchi se la potevano permettere.

L’inventore della bevanda ha disegnato anche il logo, che rappresenta due gaur rossi, e l’ha chiamata Krating Daeng (il nome Red Bull non lo ha coniato lui). Krating Daeng significa proprio gaur rosso. Il gaur è un bovino tipico dell’India e del Sud-est asiatico. Quelli addomesticati si chiamano gayal.

Per promuoverla, sponsorizzò incontri di muay thai (boxe thailandese) perché era uno sport molto popolare tra i ceti bassi, vale a dire il target di riferimento di questo prodotto.

LA RED BULL SCEGLIE UN ALTRO TARGET

Accade poi che nel 1982 un austriaco, figlio di due maestri e appassionato di volo, andò in vacanza a Bangkok e provò questa bevanda. Gli piacque molto, soprattutto per l’effetto corroborante. Gli piacque così tanto che volle incontrare il suo ideatore. Ci riuscì e gli propose di esportarla in Europa. L’altro accettò e fondarono una società. La suddivisione delle quote era la seguente: 49% a entrambi e il 2% rimanente al figlio dell’ideatore.

L’austriaco tornò a Salisburgo. Dobbiamo a casa lui il nome Red Bull. Nonché il logo. In entrambi i casi, la fonte d’ispirazione è l’originale thailandese.

Sebbene la versione europea sia meno dolce di quella asiatica, possiamo considerarla la stessa bevanda. Del resto, anche la Coca Cola Zero è meno dolce e quella alla stevia ha un sapore leggermente diverso. Anche le due aziende produttrici sono differenti.

Ciò che è cambiato davvero è il target di riferimento. E, di conseguenza, il modo di promuovere il prodotto.

Infatti, l’austriaco ha deciso di puntare sui giovani bisognosi di qualcosa che li svegliasse bene dopo che avevano fatto le ore piccole. O che li aiutasse a studiare di notte.

Per questo motivo decise di distribuirla gratis davanti ai luoghi adibiti al divertimento come le discoteche. Così iniziò a far conoscere il marchio.

Ma la svolta si è avuta quando ha iniziato a sponsorizzare eventi di sport estremi.

Oggi la Red Bull ha anche una scuderia di Formula 1, una squadra di calcio a Lipsia e una, appunto, a Salisburgo. Più altre (calcio, hockey su ghiaccio, Formula 1 e Motomondiale).

QUALCHE NOME

L’inventore della bevanda si chiamava Chaleo Yoovidhya. Secondo Forbes era uno degli uomini più ricchi della Thailandia. Quando è morto, nel 2012, aveva un patrimonio di 5 miliardi di dollari.

L’imprenditore austriaco si chiama Dietrich Mateschitz ed è nato del 1944.

La bevanda giapponese dai costi proibitivi si chiama Lipovitan.

La storia della Red Bull è edificante anche perché grazie a una strategia di marketing corretta, incentrata sul target, il figlio di due maestri e un contadino sono diventati miliardari.

Fonte principale: Storie di brand

 

Voi come promuovereste un  prodotto? Fatecelo sapere.

la redazione

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